Anche Andrea Dovizioso è testimonial di “Guida sicura e consapevole”: se è la Commissione europea a varare un Programma sulla Sicurezza Stradale 2021-2030, chi siamo noi per pensare di poter guidare affidandoci al caso?
Audentes fortuna iuvat, dicevano i latini, ma alla guida questa massima è da accantonare. Se è vero che “il destino favorisce chi osa”, e che, in molti campi della vita, non c’è modo migliore di imparare che buttarsi e provare, quando guidiamo sentirci fortunati o arrischiare manovre pericolose confidando nella buona sorte è proprio l’ultima scelta da fare.
La fortuna in sé e per sé è una bellissima cosa, e un piccolo aiuto della dea bendata è sempre il benvenuto. Ma ci sono azioni durante le quali non possiamo permetterci di basarci sul Caso, una di queste è guidare. La guida è un’operazione complessa, che coinvolge innumerevoli aspetti, dalla coordinazione motoria, alla prontezza mentale, ai livelli di attenzione da prestare, sino alla capacità di percepire lo spazio intorno a noi e di utilizzare correttamente lo sguardo. Inoltre non è un’azione individuale, pur sembrandolo, ma collettiva, perché coinvolge, in ogni secondo, tutti gli altri utenti della strada, nonché gli elementi fissi dell’ambiente circostante, che sia naturale o artificiale.
Viste le statistiche dell’incidentalità stradale e il loro motivo principale (come ben sai, la distrazione), siamo tutti d’accordo che guidare è un’azione che richiede il massimo dell’attenzione e della concentrazione. Infatti, il conducente valido non è colui che “va veloce”, ma colui che è sempre presente con la testa, sempre vigile, e in grado di gestire in maniera efficace le variabili che possono influire sul comportamento del veicolo.
Ecco perché, per guidare bene, dobbiamo lavorare sulla consapevolezza, per ridurre il margine di errore e garantire e garantirci una maggiore sicurezza. Quella che non può darci il colpo di fortuna!
Consapevolezza è un termine vasto ma il suo significato principale, in ambito di psicologia, è: “la capacità di essere a conoscenza di ciò che viene percepito e delle proprie risposte comportamentali”. Alla base di ogni nostro atto conscio quindi, c’è un processo cognitivo distinto da sensazione e percezione. Quanto effettivamente siamo in grado di esperire e comprendere del mondo circostante, e il grado in cui siamo a conoscenza dei comportamenti che attiviamo, questa è la consapevolezza.
Sapresti definire il tuo grado di consapevolezza alla guida?
Identikit del guidatore consapevole
Abbiamo già parlato di “guidatore affidabile” e “guidatore responsabile”, nel nostro articolo sui diversi stili di guida (ricordi?), qui stiamo cercando di definire qualcosa di un po’ differente, cioè di verificare se c’è un insieme di tratti o buone norme di comportamento utili a identificare il profilo del “guidatore consapevole”.
Innanzitutto, visto che abbiamo parlato di consapevolezza, vediamo quali sono i fattori cognitivi coinvolti nella guida.
- La percezione del rischio. È la capacità di tenere traccia nel tempo di eventi non frequenti (i rischi) e di orientare comportamenti e decisioni in base al pericolo potenziale. Coinvolge il piano razionale, quello emotivo e il giudizio critico.
- L’attenzione selettiva. È la capacità di concentrare l’interesse su una azione alla volta, e processare in maniera prioritaria le informazioni che pertengono all’oggetto primario di attenzione.
- Il senso di controllo. La capacità di sovrintendere ai propri comportamenti cognitivi e motori, di correggere gli eventuali errori e gestire più compiti contemporaneamente. Implica la volontà.
- La decisionalità. È la facoltà di prendere decisioni mossi dal fine di raggiungere qualcosa di auspicabile. Un buon senso di decisionalità consente di attivare di volta in volta comportamenti adattivi e versatili rispetto alle circostanze specifiche, previo esame.
Possiamo allora dire che il profilo che stiamo cercando di definire, quello del guidatore consapevole, è dotato in percentuale importante di queste quattro competenze, una buona percezione del rischio, la capacità di escludere dal campo di interesse quel che non è prioritario per focalizzare la concentrazione su un ambito a scelta, il controllo volontario delle proprie azioni e il loro miglioramento se non risultano efficaci, e la capacità di esaminare la realtà arrivando ad una decisione calibrata in tempo utile.
Emerge quindi l’identikit di una persona che: sa riconoscere negli altri automobilisti una scarsa padronanza del veicolo, la conoscenza inadeguata delle norme del Codice della strada e gli errori di guida; sa concentrare l’attenzione sulla guida così da prefigurarsi i rischi e poter reagire prontamente di fronte a un pericolo; sa utilizzare le corrette tecniche e i comportamenti appropriati nel caso di una situazione imprevista durante la guida, perché mette in atto abitualmente un atteggiamento valutativo e cosciente.
Questo “guidatore consapevole” potremmo diventarlo tutti noi, occorre solo capire come.
Teniamo presente che quando siamo al volante, se abbiamo un rapporto di confidenza con la guida, ci sono cose che facciamo senza pensare, quasi in automatico. Questa condizione di abitudine, se da un lato significa che siamo a nostro agio alla guida del veicolo, dall’altro potrebbe trarci in errore, lasciando una porta aperta alla distrazione: è proprio quando agiamo col “pilota automatico” che potremmo ritrovarci per esempio a ripetere il solito itinerario perché siamo sovrappensiero, mentre invece dovevamo andare da tutt’altra parte.
La distrazione è direttamente collegata al colpo di fortuna: è quando ci distraiamo, e lo stesso non accade nulla di drammatico, che ci reputiamo davvero fortunati! Questo è il motivo per cui dovremmo addestrarci a eliminare questo modo di pensare e a potenziare la consapevolezza.
Proviamo con la meditazione?
“Quando guidiamo, tendiamo a pensare all’arrivo e in nome dell’arrivo sacrifichiamo il viaggio”, ha detto il maestro Zen Thich Nhat Hanh. Questa massima sottolinea l’importanza di concentrarsi sul presente, di non anticipare gli eventi con la mente e di non essere altrove, soprattutto durante azioni per le quali, come abbiamo visto, un secondo di distrazione è cruciale.
Secondo questa filosofia di pensiero, sviluppando la Mindfulness, ovvero la meditazione, l’individuo riduce le situazioni di stress che potrebbero sviarlo minando la sua concentrazione, e accresce la consapevolezza, la capacità di essere al 100 per 100 presente nella situazione che sta affrontando.
Questo tipo particolare di meditazione non è volto a trovare il proprio io profondo, quanto più a disciplinare l’attenzione, a sviluppare un atteggiamento di vigile consapevolezza riguardo all’azione specifica che si compie e a ciò che ci circonda, partendo dalla percezione di tutto quello che accade mentre guidiamo.
Potrebbe essere un percorso attuabile, ma non da tutti. La pratica della meditazione è graduale e lunga, necessita di molta convinzione, e di un tempo ancora maggiore. L’idea di coltivare la Mindfulness per arrivare a guidare nel modo più attento possibile è un buon tentativo. Utile, ma non ai fini di prepararci a guidare in maniera più conscia e preparata in breve tempo, e con un metodo adatto ad ogni tipo di conducente.
Proviamo con la pratica effettiva
La chiave per eliminare le distrazioni, limitando di conseguenza gli enormi rischi ad esse collegati, è cominciare a pensare che il proprio stile di guida è una competenza vera e propria, e come tale necessita di continuo monitoraggio e potenziamento.
Quando ti puoi dire fortunato alla guida? Prova a immaginare.
Situazione 1. Quando un pedone, che potrebbe attraversare la strada, all’ultimo decide di non attraversare (se lo avesse fatto non lo avresti evitato).
Situazione 2. La strada è bagnata, piove o ha piovuto tanto. Si verifica il fenomeno dell’acquaplaning e il veicolo miracolosamente non ti sbanda (che fortuna!).
Situazione 3. Ti sei distratto un attimo per prendere qualcosa (gli occhiali da sole, un fazzoletto, la borsa che è scivolata dal sedile) o per accendere una sigaretta, o ancora – vietatissimo! – per guardare il telefono. Appena rimetti gli occhi sulla strada ti accorgi che in quella frazione di secondo hai invaso la corsia opposta. Per fortuna in quel momento non arrivava nessuno. Altrimenti…
Difficilmente ci ricordiamo le volte in cui siamo stati fortunati, tranne in casi gravissimi o eccezionali. Invece una disavventura, o un incidente, ci segna e ci impressiona in maniera molto più incisiva. Prova a pensarci: siamo abituati a considerare le cose belle molto importanti, perché ci lasciano sensazioni piacevoli e un buon ricordo, che va a influenzare la nostra memoria e coinvolge la nostra emotività. Nel caso di un ricordo piacevole quindi, tenderemo a rammentare dettagli sensoriali appartenenti ai campi più disparati, come eravamo vestiti, com’era la luce in quel preciso momento, un profumo particolare o quali rumori c’erano in sottofondo. Ma quell’evento non rappresenterà una tappa cruciale del nostro apprendimento.
Nel caso di un brutto ricordo, una situazione di emergenza o difficile, tenderemo a rimuovere tutti questi dettagli di “circostanza” (reazione ancora più amplificata quando la situazione è seriamente traumatica), ma il nostro cervello immagazzinerà l’evento come “istruttivo”, per poter attivare l’autodifesa: ecco perché si impara di più da un errore, da una situazione che mette a rischio la nostra incolumità, da un brutto ricordo. Perché diventa una lezione di vita, ci stampa in testa che non vorremmo mai ritrovarci in un frangente simile.
Ovviamente esistono i recidivi, le persone che “non imparano dai propri errori”. Ognuno di noi ha una reazione diversa di fronte alle cose, e anche una maniera personale di trarne benefici o insegnamenti. Tendenzialmente, un recidivo è qualcuno che sottovaluta il rischio o che è convinto che quel pericolo non possa ripresentarsi.
Ecco la soluzione!
Ora che sai come la nostra psiche reagisce alle molteplici situazioni a cui la realtà ci mette di fronte, torniamo alle nostre 3 situazioni “tipo”, il pedone che sta per attraversare e all’ultimo sceglie di non farlo, il manto stradale reso pericoloso dall’acqua e l’invasione di carreggiata conseguente a una momentanea distrazione. C’è un modo per trasformare la fortuna in consapevolezza?
Per noi di Formula Guida Sicura è la formazione.
Seguendo il corso di guida sicura, acquisisci consapevolezza delle casistiche che potresti incontrare. Grazie all’integrazione tra teoria, metodologia e pratica, ti ritrovi a ragionare su spunti, esperienze e circostanze a cui potresti non aver fatto caso nella quotidianità. Provi dal vivo le situazioni potenzialmente rischiose, e impari a gestirle. Concentrandoti sulla guida in una full immersion di 8 ore, metti improvvisamente a fuoco una moltitudine di argomenti: da quel momento in poi, il tuo cervello si presterà a vagliare il reale con attenzione molto più specifica.
Ecco come cambiano le nostre 3 situazioni con il corso.
Situazione 1. L’attraversamento pedonale sembra una banalità, ma se ne potrebbe parlare per un anno intero senza esaurire l’argomento. Invece che affrontarlo “alla leggera”, percependo semplicemente la sequenza di strisce bianche, ora sai che devi SEMPRE evitare di fermarti troppo a ridosso, e che la tua velocità deve calare quanto più ti avvicini ad esse. Inoltre le strisce non sono più una sequenza di segni bianchi per te, ora noti: dove sono posizionate, l’orientamento, se la zona è molto trafficata oppure no, struttura dell’attraversamento pedonale, presenza o meno di ostacoli nei dintorni (come veicoli di grandi dimensioni, cassonetti, altri oggetti di impedimento alla visibilità). Sai considerare l’attraversamento pedonale come un “sistema” di cose, ora quel pedone non puoi investirlo.
Situazione 2. Sai cos’è l’acquaplaning, quando potenzialmente si verifica, quando uscendo di casa alla guida della tua automobile puoi già aspettartelo. Hai provato la frenata su fondo a bassa aderenza nell’area perfettamente attrezzata e predisposta al corso di guida sicura. Grazie al numero di frenate differenziate che hai fatto sul bagnato durante la parte pratica, hai la piena padronanza e conoscenza del comportamento del veicolo. Se non sbandi, ora è perché quel che hai sperimentato ti permette di evitare la sbandata o correggere la traiettoria.
Situazione 3. Sei perfettamente consapevole che distogliere lo sguardo anche solo per un secondo può rappresentare un pericolo enorme. Sai in quale proporzione la distrazione pesi sulle statistiche dell’incidentalità stradale. Sai che anche solo prendere un oggetto durante la guida è fortemente sconsigliato, perché l’altra mano tende involontariamente a seguire quella con cui si raccoglie qualcosa (provaci! In un parcheggio magari. Senza nessuno intorno. Il cellulare alla guida, invece, scordatelo proprio).
Il corso di guida sicura è semplicemente ciò che fa la differenza tra viaggiare tranquilli e sperare nel caso.
Perciò…
Molto spesso si pensa che alla guida occorra fortuna (e in molti casi è davvero così, perché non siamo onnipotenti), ma è sbagliato affrontare la strada alla leggera. Un pizzico di fortuna ci vuole, ma attenzione! È la preparazione che fa la differenza.
La maggiore causa di incidenti al mondo resta la distrazione, e poiché la distrazione è maggiore dove non c’è sensibilizzazione, l’importanza di un corso di formazione è proprio nel fare informazione. Il corso di guida sicura è la scelta che permette di sviluppare consapevolezza. Smetti di chiedere troppo alla sorte e vieni a provare le tue abilità di guida!
Se hai domande specifiche, saremo felici di risponderti. Scrivici nei commenti o attraverso il MODULO DI CONTATTO. Sei dei nostri al prossimo corso?
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